Quando è stata fondata Kibarè Onlus e qual è la sua mission?
Kibarè, fondata nel 2013, è una Onlus prettamente comasca che, in base alle ultime normative italiane, è diventata ente del terzo settore. E' nata con lo scopo di promuovere progetti di auto-sviluppo in Burkina Faso, uno dei Paesi più poveri del mondo e che ha bisogno di essere molto sostenuto non con interventi di beneficenza ma con interventi di promozione e di auto-sviluppo mirati prevalentemente ai settori dell’istruzione, dell’alimentazione, della salute, della formazione professionale e del lavoro. Questi interventi spaziano dalle adozioni a distanza nel settore dell’istruzione alla realizzazionedi progetti mirati come centri di nutrizione per madri in gravidanza e bambini fino ai cinque anni di età, realizzazione di scuole materne e primarie. Quest’ultimo progetto che si chiama Fili di Luce” è un progetto specifico mirato sulla formazione professionale nel settore tessile e il successivo inserimento nel mondo del lavoro.
Questo progetto ha una durata di sperimentazione di tre anni. Quindi lo si può considerare un progetto pilota per il momento?
Sì, ma soprattutto lo è perché oltre a rivolgersi a giovani che hanno abbandonato la scuola, - infatti il target a cui il progetto si rivolge è tra i 16 e i 23 anni - coinvolge anche ragazzi che hanno problemi di conflitto con la legge. Stiamo seguendo cinque detenuti nel carcere minorile di Ouagadougou, ai quali stiamo facendo formazione nel settore della tessitura, per poter poi garantire loro l’inserimento nel mondo del lavoro una volta scontata la pena. In questo senso è un progetto pilota perché non ne sono stati fatti di questo tipo e in questo settore specifico.
In che modo viene coinvolta la filiera tessile comasca?
Il Burkina Faso è un Paese che, pur essendo poverissimo, è conosciuto in tutto il mondo, come eccellenza per la produzione di cotone organico, di cui attualmente c’è una grandissima richiesta. Questa fibra viene lavorata attraverso una tessitura tradizionale a mano realizzando il Faso Danfani: prodotto tessile molto richiesto al momento sia in tuttaL’Africa, ma anche in Europa e negli Stati Uniti in seguito all’interesse dimostrato per questo tessuto da alcuni stilisti. Da qui nasce la nostra idea di concentrarci sulla sua produzione, perchè a fronte di una richiesta molto forte all’interno del Paese non esiste un’offerta di manodopera specializzata e qualificata che possa garantire il soddisfacimento di questa richiesta. Ci siamo concentrati su questo tipo di formazione per poter creare e garantire opportunità lavorative per ragazzi che saranno inseriti in modo sicuro al termine della formazione nel mondo del lavoro. Tutto questo per consentire loro di rimanere nel contesto di appartenenza con una dignità lavorativa. Sono ragazzi senza competenze e conoscenze del settore quindi questa sperimentazione è fatta su un lasso temporale di tre anni. Lavorando nel settore tessile in Burkina Faso è venuto naturale il collegamento con la filiera tessile comasca, creando un ponte non solo in termini di finanziamento al progetto ma mettendo a disposizione il know-how e l’esperienza per realizzare manufatti professionali di qualità
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Da dove nasce il nome di questo progetto Fili di Luce”?
E' un nome molto romantico anche se il progetto in realtà è molto pragmatico e concreto. Guardando i tessuti realizzati in Burkina Faso quello che cattura sono i molteplici colori. I fili colorati che entrano in gioco in questo progetto riflettendo la luce danno il coraggio e la speranza di costruire concretamente un futuro migliore per questi ragazzi.
Il Faso Danfani che realizzate è un manufatto in cotone 100% biologico? E le tinture utilizzate sono naturali?
Sì i tessuti sono in cotone 100% biologico. Le tinture per il momento non sono interamente naturali, ma stiamo conducendo sperimentazioni per arrivare ad eliminare completamente qualunque prodotto chimico e utilizzare solamente prodotti naturali: foglie e fiori secchi, cortecce, olio di palma. I risultati ottenuti dai test fatti, dovendo questi prodotti essere testati in un’ottica di solidità, lasciano ben sperare d’arrivare all’obiettivo finale di manufatti 100% sostenibili.
Anche nella ricerca e nella sperimentazione di questi nuovi metodi di tintura siete supportati dalla filiera tessile comasca?
Le aziende della filiera che hanno aderito al progetto ci stanno aiutando in toto in tutta la produzione che prevede anche questi aspetti.
In questo primo anno la maggioranza dei ragazzi impegnati nel progetto sono giovani donne?
Alcuni di questi lavori sono ad appannaggio prettamente delle donne per un discorso culturale, ma è un nostro obiettivo il coinvolgimento anche di giovani uomini per raggiungere l’uguaglianza di genere . Attualmente l’unico ragazzo presente nel centro è il più meritevole e il più motivato. A lui si aggiungono i cinque ragazzi del carcere minorile: questa non è una scelta casuale ma è motivata dal fatto che è più difficile l’inserimento e la reintegrazione sociale dei maschi nella società. Per l’anno prossimo è in programma, se riusciamo a risolvere le difficoltà oggettive che lavorare all’interno di un carcere comporta, l’inserimento nel programma di cinque detenute.
Quali sono le difficoltà incontrate nella realizzazione di questo progetto?
Non è un progetto facile sia perchè scardina alcuni aspetti culturali dominanti nel Paese sia perchè collateralmente è necessario un forte lavoro di sensibilizzazione. In Burkina Faso non è così scontato fare un corso di formazione professionale senza pagare chi lo frequenta e quest’abitudine dipende dal comportamento di alcune ong. Su questo siamo stati tassativi: i ragazzi devono comprendere l’importanza dell’opportunità che hanno in modo tale che il loro impegno sia serio e costante in vista dell’obiettivo finale. L’opera di sensibilizzazione riguarda anche i loro diritti per impedire il loro sfruttamento nel mondo del lavoro e la formazione attraverso corsi paralleli di gestione amministrativa e contabile. Abbiamo un partner sul territorio che collabora con noi, l’associazione che da anni si occupa della tutela dei diritti dei minori lavoratori. Una volta al mese facciamo un collegamento online con il nostro partner per avere un feedback in cui sono evidenziate le criticità e le difficoltà del progetto, che risolviamo insieme. Oltre alle difficoltà burocratiche e culturali si aggiungono anche difficoltà legate al territorio e al clima: ai ragazzi che studiano e lavorano nel centro dovremo dare due mesi di vacanza, perchè la struttura che li ospita è aperta lateralmente e luglio e agosto sono i mesi delle piogge.
Qual è l’obiettivo finale del progetto Fili di Luce”?
Il 31 dicembre 2023 sarà la conclusione del primo anno e in quell’occasione i dieci ragazzi che si saranno distinti per merito saranno aiutati ad avviare un’attività in proprio, decidendo con loro se l’avvieranno singolarmente o in gruppi o se struttureranno una piccola cooperativa. Per gli altri è garantito il lavoro presso cooperative locali.
Roberta Redaelli